Novello italiano e Beaujolais nouveau: due vini giovani, due approcci molto diversi

Alla base del concetto di vino novello c’è l’idea di portare in bottiglia un vino dell’ultima vendemmia, pronto per essere bevuto poco tempo dopo la raccolta: fruttato, fresco, leggero. Ma se il “cugino” francese gode di uno status quasi mitico, il novello italiano resta spesso un prodotto più discreto. Le differenze tra loro sono molte – e strutturali – a partire dal metodo di produzione, passando per le uve utilizzate, le regioni e la data di commercializzazione.

Metodo di produzione: macerazione carbonica, ma con regole molto diverse

Sia in Italia che in Francia la tecnica di riferimento per un vino novello è la macerazione carbonica. Questa consiste nel lasciare i grappoli interi, non diraspati, in serbatoi saturi di anidride carbonica, dove si innesca una fermentazione intracellulare: gli zuccheri all’interno degli acini si trasformano in alcol, si riducono acidi come l’acido malico e si producono composti aromatici intensi, che daranno al vino profumi di frutta, note floreali o “da caramella”.

Eppure, la regolamentazione tra Italia e Francia è assai diversa:

  • Per il Beaujolais nouveau, l’intera massa vinificata è ottenuta con macerazione carbonica e il vino è realizzato con un solo vitigno.
  • In Italia, invece, affinché un vino possa chiamarsi “novello”, la normativa consente che almeno il 40% delle uve (su cui si basa l’imbottigliamento) siano vinificate con macerazione carbonica; il restante può seguire una vinificazione “classica”.
  • In pratica, ciò significa che un “novello italiano” può essere un blend più o meno ampio: parte “carbonica” + parte “tradizionale”, con effetti importanti su colore, aromaticità, struttura. 

Questa maggiore flessibilità, però, ha anche un rovescio: rende il novello italiano meno omogeneo come stile, e, talvolta, meno “immediato” nell’impatto fruttato rispetto al francese.

Le uve utilizzate: varietà libera in Italia, rigida in Francia

Un’altra differenza chiave riguarda il vitigno.

  • Per il Beaujolais nouveau, la regola è netta: si utilizza esclusivamente il vitigno Gamay.
  • In Italia, al contrario, non esiste un singolo vitigno per il novello: fino a 60 vitigni differenti possono essere impiegati per produrre vini novelli, tra cui anche varietà internazionali.

Questo porta a una grande gamma di potenziali profili aromatici e strutturali: da novelli leggeri e fruttati a vini con caratteristiche più diverse in base al vitigno usato. Ma significa anche che non esiste uno “stile italiano standard” così riconoscibile come il Beaujolais nouveau in Francia.

Zone di produzione: tutto il territorio italiano vs. un solo terroir francese

La produzione del Beaujolais nouveau è legata in modo irreversibile a un’area ben definita: la regione del Beaujolais, nei pressi di Lione. Il novello può essere prodotto esclusivamente lì.
In Italia, invece, il “novello” non ha vincoli geografici rigidi a livello nazionale: può essere generato in qualunque regione vinicola italiana, con le uve tipiche di quella zona.
Questa distinzione fa sì che il novello italiano abbia una grande varietà territoriale e identitaria, ma priva del fascino di terroir unico, coerente e riconoscibile come quello di Beaujolais.

Data di commercializzazione: la festa del terzo giovedì di novembre vs l’anticipo italiano

La finestra di immissione sul mercato è un altro elemento che evidenzia la diversa mentalità tra i due paesi:

  • Il Beaujolais nouveau è messo in vendita a partire dalla mezzanotte del terzo giovedì di novembre di ogni anno. Questo momento è diventato un vero e proprio evento collettivo, celebrato in Francia e nel mondo.
  • In Italia, la normativa stabilisce che un vino novello può essere commercializzato a partire dal 30 ottobre dell’anno di vendemmia, fino al 31 dicembre.

In passato la data italiana era il 6 novembre, ma dal 2012 è cambiata.
L’effetto è che in Francia la “prima uscita” del vino giovane diventa un rito, un momento carico di significato, quasi una festa. In Italia, la commercializzazione anticipata e la mancanza di ritualità hanno reso il novello un prodotto meno iconico, più funzionale che celebrativo.

Conseguenze organolettiche e culturali: perché Beaujolais nuovo ha uno status diverso

Dal confronto emerge come il Beaujolais nouveau non sia solo un vino, ma un’istituzione culturale, grazie a regole rigide, un terroir ben definito e una comunicazione che lo ha reso globale. Il risultato è un vino con caratteristiche molto coerenti: nota fruttata intensa, tannini leggeri, colore brillante, beva immediata e festosa.

Il novello italiano,  per sua natura più vario, rischia di perdere questa coerenza. Può offrire interessanti variazioni sul tema a seconda del vitigno e del territorio, ma difficilmente garantisce uno “stile riconoscibile universale”. A volte finisce per essere percepito come un prodotto “di consumo rapido”, privo di profondità, meno “romantico”.

Conclusione: due filosofie del vino, due esperienze diverse

In definitiva, il confronto tra novello italiano e Beaujolais nouveau racconta molto più di una differenza tecnica: riassume due concezioni distinte del vino e del suo consumo.

  • Il Beaujolais nouveau è la celebrazione della vendemmia, un rito collettivo che unisce territorio, tradizione e marketing, offrendo un’esperienza omogenea e riconoscibile.
  • Il novello italiano è l’espressione della varietà, di vitigni, terroir, tradizioni locali, che rende il vino italiano tanto ricco e complesso. Forse meno iconico, certamente più variegato.