Il fascino di un bicchiere tra le pagine dei grandi autori
Vino, whisky, gin: da sempre la letteratura si accompagna a un bicchiere, capace di ispirare storie, confessioni, paure e sogni. Dietro molte pagine indimenticabili, spesso si nasconde un calice che consola o un drink che scioglie la lingua. Gli scrittori non hanno mai fatto mistero del loro rapporto con l’alcol, scegliendo spesso una bevanda “del cuore” a cui affidare pensieri, delusioni e – perché no – la ricerca di un briciolo di magia in più.
Ernest Hemingway – Il Daiquiri, la forza e la fuga

Per Hemingway, il drink non era solo piacere ma anche simbolo di forza, vitalità, e a volte rifugio dall’inquietudine. I suoi romanzi sono pieni di bicchieri e brindisi, in cui l’alcol diventa sfida al destino o medicina per le ferite dell’anima. Il Daiquiri fu il suo cocktail prediletto, tanto da personalizzarlo con dosi “eroiche”.
“Mi ubriacai e siamo stati felici. La felicità era quella, quando non sapevamo più niente.”
– da “Fiesta (Il sole sorgerà ancora)”
Amava anche il Martini, la birra ghiacciata, e il rum bevuto nei locali di Cuba: sempre con il gusto di vivere tutto “troppo”.
Francis Scott Fitzgerald – Gin tonic, Mint Julep e il sogno americano

Fitzgerald fu cronista dei ruggenti anni ’20, delle feste sfrenate e dei brindisi che diventano riti sociali. Il Gin Tonic era la sua scelta quotidiana (“il gin non lascia tracce nell’alito”, sosteneva ironicamente), mentre il Mint Julep rappresenta l’eleganza decadente del Sud degli Stati Uniti.
“E poi ci fu un lungo, tumultuoso silenzio, durante il quale Daisy tenne stretto il suo bicchiere di Mint Julep come se fosse la cosa più preziosa del mondo.”
– da “Il Grande Gatsby”
Nei suoi romanzi il drink non è mai solo ornamento: è parte del sogno americano, della sua brillantezza e della sua inevitabile fragilità.
Virginia Woolf – Porto e profondità dell’anima

Virginia Woolf trovava nel Porto un compagno silenzioso per le sue giornate di scrittura, un rituale che sapeva di pausa e di intimità. Nelle sue lettere e nei suoi diari, il Porto ritorna spesso come metafora di riflessione, conforto e profondità.
“Un bicchiere di Porto dopo il tè. Quanto basta per sentire che tutto è possibile.”
– dal diario di Virginia Woolf, 1925
Per lei, più che inebriarsi, il rito del bere significava prendersi cura della propria mente creativa e lasciarla vagare, libera dalle rigidità della realtà.
Charles Bukowski – Whisky e verità senza filtri

Nessuno come Bukowski ha fatto dell’alcol una bandiera e un compagno di viaggio. Il whisky, per lui, era il liquido della verità, la scintilla della rabbia, la culla delle sue notti insonni e delle sue mattine difficili. Nei suoi versi e nei suoi romanzi, il bicchiere è sempre pieno, e il mondo si osserva attraverso un fondo ambrato.
“La realtà non mi piace, ma bevo per renderla sopportabile. Un altro whisky, e diventa quasi poesia.”
– da “Factotum”
Bukowski non nasconde mai la sua dipendenza: la trasforma, anzi, in poesia cruda e spietata, che non si vergogna di mostrare le ferite.
Raymond Chandler – Gimlet e mistero

Chandler, padre del noir americano, prediligeva il Gimlet, un cocktail secco e affilato, proprio come i suoi dialoghi. Nei romanzi di Marlowe il drink è un alleato della notte, della malinconia e della ricerca della verità.
“Un vero Gimlet è metà gin e metà succo di lime, e niente altro. Batteva ogni cosa che avevo mai bevuto.”
– da “Il lungo addio”
Il suo modo di bere è lucido, rituale, quasi ipnotico: il bicchiere diventa parte della scenografia, strumento per svelare segreti o dimenticare il mondo.
Jorge Luis Borges – Vino rosso e labirinti della mente

Per Borges, il vino rosso era un simbolo antico, quasi mitologico. Ne parlava come di una bevanda capace di condurre la mente in territori misteriosi e sconosciuti, tra sogno e realtà. Nei suoi scritti la citazione del vino è sempre sospesa tra incanto e meditazione.
“Il vino è una cosa profondamente spirituale, che racchiude in sé il mistero del tempo.”
– dal saggio “Il libro di sabbia”
Il vino per Borges è invito al dialogo, complice dei suoi racconti e dei suoi ragionamenti infiniti.
Sotto l’ombrellone, come gli scrittori: prepara il tuo drink letterario
Agosto è il mese perfetto per prendersi una pausa dalla routine e provare a vivere come i grandi autori: un libro tra le mani, il rumore delle onde e, perché no, un cocktail da preparare anche in vacanza. Basta poco per sentire la suggestione di Hemingway o Fitzgerald.
Ecco qualche ispirazione per chi ha voglia di provare:
- Daiquiri di Hemingway
- 6 cl rum bianco
- 2 cl succo di lime fresco
- 1,5 cl succo di pompelmo
- 1 cucchiaino di maraschino
- Ghiaccio tritato
Agita tutto energicamente e servi freddissimo: ti sentirai a Cuba, almeno per un sorso.
- Mint Julep di Gatsby
- 6 cl bourbon
- 4-5 foglie di menta fresca
- 1 zolletta di zucchero
- Un goccio d’acqua
Pesta menta e zucchero, aggiungi ghiaccio tritato e bourbon. Sorseggialo tra le pagine di un romanzo che ami.
- Gimlet alla Chandler
- 6 cl gin secco
- 2 cl lime cordial
Agita e versa in coppa: perfetto per un tramonto misterioso o una notte da detective.
- Porto alla Woolf
- 8 cl Porto rosso di qualità
Senza fronzoli: basta un calice, una poltrona (o uno sdraio), e lasciarsi andare ai pensieri.
- Il whisky di Bukowski
- Whisky, quello che ti piace. Nessun rito, solo verità.
Da bere senza ricetta, meglio se con una poesia in tasca e la mente aperta alle sorprese della vita.
Perché ci piace leggere (e bere) come gli scrittori
Bere come uno scrittore non significa imitarne i vizi, ma coglierne lo spirito: ogni drink racconta un modo di vivere, una storia, una prospettiva sul mondo. C’è chi cerca la forza, chi la leggerezza, chi il conforto, chi la poesia.
E se durante questa estate, tra una pagina e l’altra, vi viene voglia di scoprire il vostro “drink letterario”, fatelo con la stessa curiosità degli autori che abbiamo amato: con ironia, senza pregiudizi, lasciando che sia il momento – e non la moda – a guidare la scelta.

